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Tra Sogno e Realta'

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Rapporto Pellican

Ultimo Aggiornamento: 24/07/2008 22:40
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Città: MILANO
Età: 42
Sesso: Maschile
25/09/2007 16:35

Racconto fantasy
Ciao ragazzi ho appena finito di partorire questo racconto in stile tecno fantasy.
Spero vi piaccia e che vi tenga incollato il culetto alla sedia per qualche minuto.
Personalmente mi sono divertito molto a farlo, ora ve lo faccio leggere.
Gradirei dei vostri commenti, sono aperto a tutte le critiche.
Buona lettura.
P.S.
I popcorn ve li offro io per questa volta ^^

La Gabbia


“Cazzo!Anche questa sera ho alzato troppo il gomito!”
Disse l’uomo tentando di rimanere in equilibrio, appoggiandosi con la mano e costeggiando il muro di cemento liscio e grigio, al di fuori del solito bar di periferia.
Ormai era avvezzo a quello stato, non c’era fine settimana in cui saltasse questo suo rito insulso.
Non ricordava nemmeno più perché ogni sabato sera soleva ridursi in quello stato pietoso.
Barcollava vistosamente, e a ogni passo sembrava dovesse cadere rovinosamente al suolo, ma qualcosa all’ultimo continuava a tenerlo su, esibendosi in sgraziati movimenti in cerca di un equilibrio che pur sempre rimaneva precario.
Camminava per le strade deserte a notte fonda.
Camminava e pensava aperché lo facesse: all’inizio ci sono gli amici, le ragazze, le stupidaggini che si dicono,i brindisi assurdi che si fanno…poi le ragazze spariscono, gli amici vanno via, e ti ritrovi a bere da solo, senza sapere dove è incominciata e dove è finita una cosa o l’altra.
Per un attimo pensò che fosse tutta colpa del suo lavoro da impiegato per un’ agenzia assicurativa… il lavoro più monotono che possa esistere al mondo.
Ma in fondo non gliene importava nulla neanche di quello,campava e questo era tutto.
Stava ancora camminando per le strade umide, quando si ricordò che la macchina era parcheggiata poco distante da quello stramaledetto locale.
“Dannazione!”Pensò.” Ora indietro non ce la faccio a tornare, e poi sono comunque troppo ubriaco per guidare!”
Il suo pensiero volò alla sua nuova vettura appena acquistata facendo tanti sacrifici: Era l’ultimo modello di utilitaria con motore a induzione che era uscita sul mercato.
Non era nulla di eccezionale, era come tutte le auto a induzione uscite negli ultimi cinquant’anni, ma la sua forma affusolata si distingueva dalle altre,un po’ più vecchie…questo lo rendeva in un certo senso felice.
Camminava senza guardare dove mettesse i piedi, poi si rese conto di aver percorso un bel pezzo di strada e che i suoi passi lo avevano condotto in maniera automatica verso il molo, dove il nonno, quando lui era ragazzo, soleva portarlo a pescare la domenica mattina.
Il nonno gli diceva sempre che quando era piccolo lui, le auto andavano a combustibile fossile, e inquinavano molto l’atmosfera; così decisero di sostituirle con delle auto a energia pulita.
A lui quei discorsi ripetitivi non interessavano minimamente, andava li per pescare e stare un po’ tranquillo.
Il nonno era una cara persona,anche se come tutti i vecchi non faceva altro che parlare del passato.
La lunga passeggiata gli aveva alleggerito la sbronza, ma non era abbastanza per fargliela passare, così mentre girovagava per il porto l’impiegato ebbe l’idea di accucciarsi accanto ad un container che dava proprio sul molo e farsi un pisolino, giusto per riprendersi un po’ e poi tornare a recuperare la sua preziosa auto.
Si sedette e chiuse gli occhi non pensando più a nulla.

Lo stridio di pneumatici sull’asfalto bagnato del porto interruppe il sonno dell’uomo.
Aprì gli occhi, e con sommo disgusto si accorse di essersi sbavato la camicia a quadri.
Poi riflettendoci, pensò che era poco male, tanto era tutto da lavare vista la breve pausa sul molo.
L’aria salmastra si alternava alle zaffate dall’odore acre e pungente degli scarichi portuali, che di certo non giovava alla sua nausea.
Si stropicciò gli occhi appannati e si sporse leggermente di lato, stando sempre immobile seduto, come se pesasse svariate tonnellate.
Si affacciò e intravide l’auto che poco prima lo aveva svegliato.
Un veicolo assolutamente anonimo, tutto nero, finestrini oscurati, senza targa e a luci spente.Se ne stava immobile ad una cinquantina di metri da lui.
Pensò a qualche coppia in vena di follie erotiche in un primo momento, poi riflettendoci meglio qualcosa non gli tornava.
Non è mai stato una persona curiosa,ma dato che era li e che sollevarsi costava fatica, tanto valeva stare a vedere se succedeva qualcosa.
Un altra auto arrivò in lontananza, e in prossimità del veicolo scuro spense anche questa le luci.
Questa volta la macchina sembrava normale, color grigio metallizzato,c’era anche la targa, ma non ci prestò molta attenzione.
L’auto si fermò a una quindicina di metri di fronte a quella nera.
Per almeno cinque minuti non si mosse nulla.
L’impiegato si incuriosì, sembrava una di quelle scene da vecchi film, in cui il contrabbandiere vende la droga allo spacciatore.
Era emozionato, tanto che la mente gli si schiarì e la sbornia parve passargli.Rimase ad osservare immobile.
All’improvviso gli sportelli delle auto si aprirono quasi contemporaneamente e scesero da ciascuna quattro uomini di stazza media,con facce scure e serie; avevano tutti le mani sotto le giacche o sotto gli impermeabili, come pronti per estrarre qualche tipo di pistola.Si scrutarono attorno con attenzione.
L’uomo smise di respirare automaticamente, pure il suo cuore gli sembrò fermarsi.Si irrigidì e sbarrò gli occhi, ma non distolse lo sguardo neanche un istante.
Persino la sua mente risultò immobile e zitta come per timore di far sentire il rumore dei proprio pensieri.

Gli uomini fecero cenno che l’area era sgombra e sicura, e i guidatori tornarono al volante dei propri mezzi.
Poco dopo dal veicolo scuro ne uscì un uomo di corporatura massiccia, volto squadrato; nonostante fosse notte fonda portava degli occhiali da sole.
Scese, si stirò la giacca del completo scuro che indossava e con passo sicuro e calmo si avvicinò alla macchina opposta, seguito da due scagnozzi.
I passi dei suoi mocassini scuri riecheggiavano nel silenzio surreale che era calato.
A ogni passo le palpebre dell’uomo avevano come un sussulto, come se il suono delle scarpe fosse un frastuono insopportabile, e che tale suono potesse tradire la sua presenza.
Dall’altra auto ne scese un uomo, basso, magro con la faccia smunta, come di chi ha passato le pene dell’inferno.
Sul naso portava degli occhiali da vista squadrati, molto fuori moda.
Era vestito normale,un po’ trasandato a dire il vero, e stringeva una valigetta nera:la teneva stretta al petto con tutt’eddue le mani, come se fosse la cosa più importante del mondo.
Proseguiva frettolosamente, si guardava attorno a scatti e in continuazione; i suoi movimenti davano il nervoso, facevano trasparire ansia e paura.
I due uomini si guardarono ed iniziarono a parlare tra loro.
L’impiegato sentì la gola arsa, il corpo si irrigidì ulteriormente, non essendosi ancora mosso da quella posizione…avrebbe voluto poter sentire cosa si stessero dicendo, ma i due sospetti parlavano a voce bassa e non si distinguevano bene le parole.
“Ehi tu!”.Uno dei gorilla gridò rompendo il silenzio.”Non è posto per te questo, vattene finchè sei in tempo!”
L’uomo ebbe un sussulto, gli occhi gli sembrarono schizzare fuori dalle orbite, il cuore era impazzito: non lo sentiva più pompare accelerato, ora sembrava sbattere in maniera convulsa nel petto, gli sembrò che stesse toccando la cassa toracica ed il polmone ad ogni contrazione.
Non si mosse.
Non ci riuscì.
Il panico lo aveva pietrificato, chiuse gli occhi e maledisse tutto.La sua curiosità, la sua macchina dimenticata nel parcheggio, l’alcool nelle vene, persino il nonno che lo portava in quel luogo quando era bambino…
Chiuse gli occhi e sperò di sparire nel buio e di risvegliarsi nel suo letto.
Ma la voce sempre più nervosa del gorilla lo riportò alla realtà del momento:”Ehi amico cerchi guai?Ti do l’ultimo avvertimento!Alza i tacchi e vattene!”.
“Magari potessi farlo!”disse l’uomo fra se e se, ma nessuna parola uscì dalla gola.
L’uomo smunto con la valigetta ancora chiusa sbottò all’improvviso:”Presto!Che Aspettate!Uccidetelo!!!Uccidetelo!!!”Tutti estrassero le coil gun e iniziarono a fare fuoco.
L’uomo strizzò gli occhi come a ricacciarseli nel cranio e pensò che per lui fosse finita.
Ma alle sue spalle delle grida di dolore e di spari riecheggiavano in tutto il posto.
Sentii bestemmiare pesantemente poi delle grida agghiaccianti, mentre i proiettili sfrecciavano e sibilavano.
L’impiegato aprì gli occhi di botto, era ancora vivo.
Guardò la scena orripilante che gli si presentò davanti.
Un uomo venuto fuori dal nulla era comparso sulla scena.
Magro alto, con una stranissima giacca verdognola, brandiva una strana lama.Ai suoi piedi giacevano l’uomo smunto, il signore con i mocassini e gli altri scagnozzi, alcuni morti, altri agonizzanti in un lago di sangue.
I gorgoglii del sangue che schizzava dalle arterie recise, faceva da sottofondo alle preghiere dell’ultimo uomo rimasto in vita.
Era al suolo atterrito dalla paura, mentre la sagoma dell’assassino si avvicinava piano,quasi ad assaporare il momento.
Aveva ancora al coil gun in mano e, nonostante tremasse, la teneva ancora puntata verso il nemico.”Ti abbiamo sparato cazzo!Tu sei morto!come fai a non essere morto?!Per Dio che diavoleria è mai questa??”.
L’impiegato ora si trovava in piedi in bella vista.Non sa quando si fosse alzato ne il perché, ma non ebbe il tempo di rifletterci poichè il suo conato di vomito schiantandosi pesantemente al suolo, interruppe la scena,rivelando la sua posizione.
L’assassino e il gorilla lo guardarono.
L’uomo accortosi di aver attirato la loro attenzione iniziò a tremare tutto in preda alle convulsioni e perse il controllo della vescica.
Lo scagnozzo approfittò del momento di distrazione e saltando nell’auto svuotò l’intero caricatore verso la sagoma dell’assassino.
Ma i proiettili non lo colpirono.Sembravano rallentare a pochi centimetri dal corpo e cadere a terra, o in alcuni casi rimbalzare lasciando la scia.
Mise in moto e tentò di fuggire.
L’assassino balzò sul cofano e con fare preciso e veloce, infilando il braccio nel finestrino, con un gesto agile, recise la carotide dello sfortunato.
La macchina sbandò e si fermò pochi secondi dopo; il sicario ruzzolò per qualche metro, ma poi si rialzò subito, indenne.
Andò con calma vicino ai cadaveri e raccolse dal sangue la valigetta.
Poi cercò il civile ma non lo vide più.
L’uomo era scappato poco dopo aver visto quella scena incredibile.
Aveva qualche minuto di vantaggio.
Ora stava correndo, come mai prima di allora, la sbornia era passata di botto e quell’alcool che prima lo rendeva impacciato ora lo stava aiutando a salvarsi la vita.
Attraversò incroci e strade senza voltarsi mai indietro, senza preoccuparsi delle auto.
Si diresse verso il posto dove aveva parcheggiato la macchina, sapeva di aver visto troppo e che quell’essere, quell’uomo, sarebbe venuto a finire pure lui.
Si ritrovò nei pressi del bar, e pensò che sarebbe morto comunque con il cuore scoppiato.
Davanti al bar, dei balordi inveivano contro il padrone del locale da cui erano appena stati cacciati.
L’uomo non si preoccupò e vi passò in mezzo urtandone uno e rovinando al suolo.
Subito fu circondato: iniziarono a prendersela con lui, lo coprirono di insulti e parole pesanti; l’uomo terrorizzato non riuscì a dire nulla e così iniziò il pestaggio di massa.
Volarono pugni e quando fu a terra venne preso a calci.
Le sirene della vigilanza cittadina chiamate da qualche anima pia, mise fine al pestaggio, e gli aggressori si dileguarono come gli scarafaggi dalla luce.
Delle persone fermatesi sul posto si preoccuparono per l’uomo che giaceva atterra accucciato, pieno di sangue e vomito e che emanava un pessimo odore di alcool e urina.
L’impiegato si guardò attorno e gli parve di scorgere una valigetta insanguinata che gocciolava, attaccata alla mano di un ombra nel buio del vicolo accanto al bar.
Le autorità erano a pochi isolati e sarebbero state li a breve.
Ebbe un ultimo scatto, si rialzò all’improvviso e sorprendendo tutti sparì dietro l’angolo.
Prese le chiavi e mise in moto l’auto, guidando a tutta velocità verso casa.

Parchèggiò nel suo solito posto auto dell’immenso parcheggio sotterraneo che si estendeva per diversi chilometri, sotto i grattacieli della megalopoli, in cui aveva sempre abitato.
Prese il turbo ascensore,come di routine, salì al trentottesimo piano dello stabile e si trascinò davanti all’entrata dell’interno diciotto.
“Sono a casa!”.Sospirò.
Furono le prime parole dette in quella interminabile notte.
Apriì la serratura magnetica, e richiuse subito la porta dietro di se.
Con un comando vocale accese la luce nel corridoio, ma solo li.
Si spogliò interamente sul posto e abbandonò i vestiti per terra, li dove erano caduti.
Si recò al bagno completamente nudo,vomitò quello che era rimasto nel suo stomaco e ormai stremato si gettò sul lettone matrimoniale della sua stanza, perdendo i sensi.

Una bella voce di donna, calda e suadente lo avvertiva che era la dodicesima ora del giorno, mentre le tende del larghissimo finestrone che prendeva tutto il lato dell’appartamento. si aprivano dolcemente, portando un’ondata di luce che si irradiava per tutta la stanza:era la voce della sveglia automatica.
L’uomo aprì gli occhi.Lo fece piano, mise a fuoco l’intera casa, muovendo solo gli occhi.I muri candidi riflettevano delicatamente i raggi del sole, illuminando piacevolmente l’intero ambiente unico, senza muri, a parte quelli che dividevano la cucina e il bagno.
Pensò che fosse stato tutto un brutto incubo, e che avrebbe dovuto smettere di bere, e magari aggregarsi a uno di quei gruppi di sfigati che cercano di disintossicarsi, tipo gli alcolisti anonimi.
Tentò di alzarsi, ma una fitta alle costole lo fece ricadere nel letto.
Si guardò e vide un livido violaceo che faceva bella mostra di se su gran parte del costato.Ma non era solo: il suo corpo era pieno di lividi qua e la e facevano tutti un male della miseria.
Come se non bastasse la testa gli scoppiava da morire.
Si sedette nel letto, come per pensare e riprendere coscienza dell’accaduto.
“Ah già, quei bastardi mi hanno pestato…”.Biascicò.
E subito iniziò il viaggio mentale, a ritroso, per ricostruire gli avvenimenti della notte passata.
Ma qualcosa nella sua mente autocensurava i ricordi avvenuti prima del pestaggio davanti al bar.
Come quando si tenta di ricordare un sogno appena fatto: si ha la sensazione di aver visto qualcosa,ma tutto risulta appannato e confuso.
Il suo sguardo cadde sul cuscino su cui aveva dormito.
Era ricoperto di sangue, ormai rappreso.
Come un flash ritornò tutto alla mente chiaro come il sole.
Doveva fare qualcosa, il tipo poteva averlo seguito fino a casa e avrebbe potuto ucciderlo in qualsiasi momento.
Avrebbe voluto chiamare la vigilanza…ma cosa gli avrebbe dovuto raccontare?
“Pronto vigilanza?!Sono un impiegato da quattro soldi che la scorsa notte da sbronzo ha assistito a un pluriomicidio di dieci persone ambigue,commesso da un assassino invulnerabile alle pallottole, giù al porto.Non è che potreste proteggermi?”.
L’uomo si mise a ridere a squarcia gola, poi la risata piano piano si tramutò in un ghigno isterico, fino a spegnersi del tutto, con il capo chino a guardarsi i genitali, ancora nudo, seduto nel letto sporco del suo sangue.
“Iniziamo col fare una bella doccia, mi schiarirà le idee, e soprattutto toglierà il puzzo di latrina che porto appresso.”.Prese le lenzuola che una volta erano bianche, fece fagotto assieme al copriletto e i cuscini e schiaffò tutto nella cesta assieme ai vestiti ormai irrecuperabili, che aveva indossato qualche ora prima.
Fece la doccia con calma, miscelando getti di acqua calda e acqua fredda, quasi come per testare la sua sensibilità, per vedere se sentiva ancora qualcosa,forse per togliersi il dubbio se fosse ancora vivo oppure morto.

Aprì l’armadietto dove teneva la scorta di medicinali, per lo più antidepressivi, roba per far passare i postumi di una sbronza, per il mal di testa, per lo stomaco, e poi infine quello che cercava;antidolorifici.
Prese una pastiglia per la testa, una per lo stomaco e due di antidolorifici.
Li masticò assieme senza nemmeno bere un sorso d’acqua.
Non la reputò una ottima idea, gli si impastò tutto in bocca, così fu costretto a bersi mezzo litro d’acqua per riacquisire la mobilità della lingua.
Si incerottò la tempia sinistra, con una smorfia di dolore si accorse che il taglio era abbastanza profondo e che sarebbe servito qualche punto di sutura laser, per evitare che si riaprisse.Ma non c’era tempo di andare dal medico.
Decise che era il caso di cercare un modo di difendersi da solo: gli serviva un’arma.
Scese col turbo ascensore fino al secondo piano sotto terra, dove si trovava la sua auto.
Estrasse le chiavi magnetiche, ma mentre le stava per passare davanti alla cellula per aprire la serratura della portiera, si accorse che la maniglia era coperta di sangue.Il colore marrone scuro del plasma secco, spiccava incredibilmente sulla pulita carrozzeria bianco perla.
“Speriamo non l’abbia notata nessuno!”.Disse frase e sè.
Ma dentro l’abitacolo il veicolo non era messo in condizioni migliori.
C’era un po’ di sangue ovunque, sul volante,sui i sedili e su alcuni tasti del navigatore satellitare.
Pensò che oltretutto, l’assassino poteva aver visto l’auto mentre fuggiva e che avrebbe potuto riconoscerla.
Scese dalla vettura pulì sommariamente con un fazzoletto usa e getta il volante e la maniglia, chiuse l’auto e si avviò verso l’ascensore, voltandosi di tanto in tanto per vedere se qualcuno lo avesse notato.
Così ora era ai piedi di uno dei tanti mega grattacieli da centinaia di piani che dominavano la megalopoli.Il sole era alto e la temperatura mite, una bella giornata sotto molti aspetti.
La gente camminava frettolosamente, evitandolo come fosse un ostacolo fisso, quasi girandoci attorno.
Si guardò attorno e guardò la sommità di quelle incredibili strutture.
Abitava li da sempre e non ci aveva mai fatto caso.Grattacieli fatti di cemento bianco e vetro, disposti in maniera armonica con, qua e la, macchie di vegetazione e piccoli parchi verdeggianti, come oasi in un deserto di metallo candido.La monorotaia serpeggiava sinuosa tra un titano e l’altro a una cinquantina di metri dal suolo, disegnando spirali che sparivano,a volte,dentro ai palazzi, in un costante andirivieni di persone.
Tutto sommato non era un brutto spettacolo.
La domenica nelle megalopoli è un giorno come un altro, ovvero un giorno lavorativo.
Si accorse di non aver la più pallida idea di dove poter andare per procurarsi un arma.
Così dalla giacca, pulita, estrasse il palmare, attrezzo di uso comune, ma che lui utilizzava pochissimo,dato le scarse conoscenze e gli impegni lavorativi.
Fece una ricerca veloce sulla rete globale,come risultato vennero fuori due o tre nomi di negozi di armi vicino a dove si trovava lui.
Si stava per dirigere verso il più vicino, poi ci ripensò, estrasse di nuovo l’utile strumento e ripetè la ricerca andando molto al di fuori del suo quartiere.Pensò che fosse più sicuro andare in una zona diversa, più che bazzicare intorno a casa sua.Tracciò la rotta più breve e si incamminò verso la monorotaia.
La gente benvestita attorno a lui sembrava distratta, assorta in mille pensieri, il vagone su cui si trovava diffondeva un leggero aroma di lavanda, per combattere i cattivi odori che di solito si formano sui mezzi pubblici.
Era in piedi in un angolo e guardava per il lungo tutto il treno.
Non era molto affollato.
Ripensò al da farsi; era ancora molto confuso, non sapeva cosa stesse facendo esattamente, forse cercava solo un modo per assicurarsi la sopravvivenza.Istinto di sopravvivenza, ecco cosa era.
Guardò fuori e si accorse di essere uscito dalla zona in cui abitava: si stava dirigendo verso il centro della città, dove vivono le persone più facoltose, di solito quelli con una certa discendenza, di un certo ceto sociale.
I grattacieli di quei quartieri erano persino più alti di quelli che vedeva lui nella sua zona di semi periferia, non molto distante dal porto.
La città sembrava molto più bella in quella parte.Si vedevano addirittura dei veicoli volanti, alcuni della vigilanza cittadina, altri magari, di facoltosi signori.
Da piccolo aveva sempre sognato di pilotarne uno.
Tant’evvero che da ragazzo, appena finita al scuola, fece la richiesta per entrare nella vigilanza; ma fu respinta, dopo aver effettuato i test d’ammissione.
Era risultato troppo “nella media” per poter pilotare un veicolo del genere.
Forse fu proprio quella delusione a farlo diventare impiegato per tutta la vita.
Si comprò anche qualche rivista per documentarsi meglio, ma per un uomo comune, un mezzo del genere non era minimamente accessibile.Solo il brevetto di pilota e la patente per il volo in città avevano cifre con svariati zeri, senza contare il costo del mezzo e la sua manutenzione.
Quei numeri, sommati, davano come risultato dieci anni di stipendio.
Col tempo digerì la cosa, e si buttò sulle macchine della propria “classe sociale”,comprando dopo qualche anno di continui risparmi, la sua bella utilitaria.
Forse è per quello che ci teneva molto, una specie di surrogato del suo sogno.

Nella tasca il palmare emetteva un curioso e blando suono di allerta.
Lo avvisava di aver mancato la fermata e che stava ricalcolando il tragitto .
L’impiegato non se ne accorse, era troppo assorto dai suoi pensieri.
Scese alla fermata successivae tornò indietro a piedi, percorrendo le pulite strade del centro.
Finalmente arrivò all’armeria.
Entrò e un suono di voce maschile gli diede il benvenuto, dandogli indicazioni sommarie sulla mappa del negozio.
Effettivamente era abbastanza grande.
Non aveva mai visto tante armi in vita sua, tutte protette da un vetro infrangibile, chiuso ermeticamente, con su la scritta:”Per informazioni sull’articolo, premere il tasto qui in basso e aspettare l’arrivo del commesso”.
Passò un po’ in rassegna i vari scaffali: tra una cosa e l’altra c’erano i classici indumenti mimetici, oppure armi elettriche a basso voltaggio per la difesa personale.
Tra le varie protezioni che vedeva esposte, non riuscì a distinguere nessun corpetto,giacca, o mimetica che potesse minimamente somigliare allo strano indumento che portava l’assassino.
L’uomo non si sapeva destreggiare tra le pistole e i fucili e lo stesso funzionamento di una semplice coil gun gli era del tutto sconosciuto.
Il suo girovagare comunque non passò inosservato.
“Le serve qualcosa?”.Esclamò un commesso facendo capolino da uno scaffale.
Colto alla sprovvista l’uomo sussultò.
“Mi scusi, non volevo spaventarla!”.Disse il dipendente.”La prego mi segua, le mostro qualcosa che può interessarle!”.
L’impiegato lo seguì senza dire nulla.
Percorsero mezzo negozio, fino ad arrivare alla cassa principale.
A quel punto il commesso, si mise dietro al bancone, e iniziò a cercare qualcosa nelle cassettiere dietro la sua postazione.
“Mi scusi!”.Disse l’uomo.”Ma non vedo come possa sapere cosa stessi cercando…”.
“Oh!Ma lei non sa cosa sta cercando!E’ per questo che mi pagano, io so cosa le serve…”.Ribattè il commesso girandosi e sorridendo.”Vede faccio questo lavoro da molti anni,anche se non li dimostro, e dopo un po’ ti basta uno sguardo,per capire cosa le persone cercano qui.”
“Vede signore..”. Continuò.”Genericamente qui vengono tre tipi di persone: i fissati, i pazzi e poi quelli come lei!”.
L’uomo lo guardò perplesso e un po’ spaventato.
“In che senso come me?Che cosa ho che non va?”.
“Oh no nulla, non volevo offenderla!Mi scusi…però…bhè però non so se si è visto allo specchio stamattina…è evidente che è stato vittima di una aggressione di recente, e visto che era molto spaesato nell’entrare qui, lei è una persona che ricade nel terzo tipo di clientela, abituale, ovvero quella che cerca qualcosa per potersi difendere… ho forse sbagliato?Se così mi perdoni, cerco solo di fare bene il mio lavoro.”
“No no, lei ha perfettamente ragione”.Disse l’uomo,tirando un sospiro di sollievo.
Il commesso finalmente trovò l’oggetto che stava cercando.
Posò sul bancone una scatoletta anonima color verde caco, la aprì e mostrò al cliente una coil gun.
L’impiegato la guardò senza toccare e senza dire nulla: non voleva fare una pessima figura, di fronte ad un signore tanto gentile.Comunque il suo volto lasciava trasparire perplessità.
“Capisco!”.Aggiunse il commesso “Lascia che le spieghi brevemente che cosa le sto mostrando, ed il suo funzionamento.”
“Questa è una coil gun di tipo standard, si tratta di una arma da fuoco di livello base, caricata con 15 proiettili di allumino calibro 9mm.
In pratica è un arma ad induzione elettromagnetica, come quella dei motori delle nostre auto, che sfrutta la potenza elettromagnetica di una spirale di materiale composito speciale, per far accelerare il proiettile e spararlo fuori dalla canna rigata.
Questo tipo di arma è molto leggera, sui trecento grammi circa, e la batteria dura settimane, visto il basso consumo energetico: è la più adatta per i principianti.Ha una gittata di circa trenta metri di precisione e oltre cinquanta a parabola. È una pistola molto maneggevole e compatta, facile da usare e rapida da ricaricare.Me lo lasci dire, un vero gioiellino!Questo mese ne ho vendute parecchie, e questo è l’ultimo pezzo disponibile, in regalo le diamo due caricatori, una batteria di supporto in più e trenta proiettili, per la modica cifra di millecinquecento crediti, un vero affare!”.
“Comeeee?Millecinquecento crediti?Ma è tutto il mio stipendio di un mese!?”Sbottò l’uomo.
“Ah mi spiace, signore, ma vede nel prezzo sono comprese le tasse per i moduli di registrazione e il porto d’armi per difesa personale, mi lasci dire che non sono davvero molti, in questo settore della città non troverà prezzo migliore, glie lo assicuro!”
“E va bene, dannazione, mi ha convinto, la prendo!”.Disse l’uomo sconsolato, pensando che se fosse morto i soldi non gli sarebbero più serviti granché.
“Oh!Lo sapevo che lei era un uomo ragionevole, arrivo subito, vado a prenderle i moduli per la registrazione dell’arma e per il porto d’armi.Sa' lei è fortunato, domani invio tutti i moduli di registrazione degli ultimi trenta giorni, così tra meno di due mesi potrà venire a ritirare la sua arma!”
“Due mesi???”.Esclamò l’impiegato, come risvegliatosi dallo shock per la somma che si accingeva a spendere.
”Accidenti io non ho tutto questo tempo, non si può abbreviare la cosa?E’ necessario registrarla per forza?Io ne ho bisogno immediatamente!”.L’uomo appariva visibilmente agitato.
“Signore la prego si calmi!Capisco che lei ora abbia molta paura, ma la legge è legge!Davvero non posso vendere armi non registrate, se lo facessi sarei un criminale!”.
L’impiegato uscì dal negozio mentre il commesso deluso continuava a ripetergli che in nessun negozio che si rispetti avrebbe potuto ottenere un’arma senza prima registrarla.
Preoccupato riprese in mano il palmare e selezionò una nuova ricerca, questa volta cercò dei banchi di pegno, forse in quei luoghi qualcosa la si poteva ancora trovare senza troppe moine burocratiche.
Sul video comparvero poche soluzioni e tutte nella periferia nord della megalopoli, a parecchi chilometri da li, oltretutto in una zona rinominata per la sua pericolosità.
“Accidenti!Pensò, per andare in quel posto e uscirne incolume dovrei andarci già armato!Merda!Ma cosa cazzo ho fatto di male!”Pensò mentre comunque i suoi passi lo portavano alla fermata della monorotaia più vicina, per recarsi a nord della città.

Come se non bastasse il mezzo pubblico non lo avrebbe portato alla meta prefissata; avrebbe dovuto effettuare il resto del viaggio in maniera alternativa. Fortunatamente trovò un taxi, ma per condurlo a destinazione volle farsi pagare un supplemento: per una cinquantina di chilometri spese l’esorbitante cifra di centocinquanta crediti.
In quella zona i palazzoni erano molto più bassi:al massimo arrivavano a un cinquantina di piani.Erano logori e sporchi, come lo erano le persone e le strade del resto.In giro si vedeva poca gente, qualche accattone, e qualche auto che sporadicamente passava di li.
Arrivò al banco dei pegni, chiese al tassista di aspettare, ma appena fu lontano qualche metro, ripartì.
Sconsolato, entrò nel negozio.
Nessuna voce elettronica lo accolse.
Le cose erano accatastate a caso, in pile dall’aria instabile, piene di polvere.C’erano chincaglierie e cianfrusaglie di ogni genere; apparentemente nulla di quello che lo circondava sembrava ricordargli nemmeno lontanamente, un qualsiasi oggetto da lui conosciuto.
Dietro a un bancone, un uomo anziano faceva finta di leggere il giornale, mentre in realtà scrutava il suo nuovo possibile cliente.
Dopo un po’ il vecchio chiese con tono spazientito.”Allora si può sapere che vuoi?”.
L’uomo farfugliò qualcosa di incomprensibile anche a se stesso, poi deglutì, si schiarì la voce e disse:”Vorrei una pistola!Ne ha una?”.
“Ma per chi cazzo mi hai preso eh?”.Gridò il vecchio agitandosi.”Io non la vendo quella merda!Chi cazzo sei?Sei uno della vigilanza?Non rompere, vattene!Io non ne ho di quella roba!Sparisci,coglione!”.Continuò a sbraitare agitando freneticamente il giornale avanti e indietro, come per scacciare le mosche.
Venne cacciato fuori dal negozio a parolaccie.In un primo momento si arrabbiò, ma poi la necessità di trovare un’ arma nel più breve tempo possibile, lo riportò ad uno stato di calma angosciosa.
Si incamminò a caso per riflettere un po’ e svoltò l’angolo.
Li un uomo ambiguo gli si parò davanti, scrutandolo.
Era alto e robusto con un cappello di lana, come quelli dei vecchi marinai del porto.Gli ostruiva il passaggio e non aveva intenzione di farlo proseguire.
L’uomo pensò che fosse nei guai fino al collo,di nuovo.
“Ehi bello...”. disse con voce grezza l’individuo.”Cerchi un ferro?...Se hai i soldi te lo procuro io.”
L’impiegato intuì che per “ferro” intendesse una pistola, o almeno lo sperava.Fece cenno di si con il capo, e seguì l’essere abbietto in un vicolo,sperando che non fosse l’ultima cosa che facesse in vita.
“Ce l’hai una coil gun?”.Chiese mentre camminava.
“Certo, e spero per il tuo bene, che tu invece abbia i soldi”. Ribattè l’individuo.
Arrivato alla fine dello stretto vicolo c’era una macchina visibilmente scassata.L’individuo aprì il bagagliaio e tirò fuori una borsa:dentro vi erano una decina di armi, tra cui alcune coil gun.
Tra tutte l’uomo scelse quella che gli era sembrata più simile alla pistola vista nel negozio del centro: era l’unica di cui conosceva il funzionamento.
“Quanto vuoi per questa?”.Domandò.
“Per te amico, questa viene duemila crediti”.Disse l’uomo ambiguo.
“Duemila!Ma cazzo, in negozio me la davano a millecinquecento!”Esclamò l’impiegato.
L’individuo assunse un’aria minacciosa, e aggiunse:”Ti sembro un fottuto negozio io??Se ti va bene è così, altrimenti potrei anche iniziare a incazzarmi sul serio!”.
Allora l’uomo impaurito e un po’sconcertato, tirò fuori il palmare e versò sul conto del tipo ambiguo la somma pattuita.
A fine transazione i due non si guardarono più in faccia e proseguirono ognuno per la propria strada, qualunque essa fosse.

Ci mise mezza giornata a tornare a casa, ma ormai mancavano pochi chilometri.
Aveva dovuto camminare per un bel po’, prima di riuscire a trovare un taxi, e successivamente aveva dovuto prendere di nuovo i mezzi pubblici.
Ma ormai mancava poco. Era stanco, certo, ma per lo meno aveva con sé ciò che cercava.
Quel pezzo di ferro e roba elettronica gli dava un po’ più di sicurezza.
Ma il pensiero dell’assassino invulnerabile lo tormentò per tutto il tempo. Molto probabilmente quell’arnese non gli sarebbe mai servito a nulla se si fosse trovato faccia a faccia con lui.
Un brivido gelido percorse la sua schiena.
Molto probabilmente le cose stavano davvero così,ma cosa altro avrebbe potuto fare?A chi avrebbe mai potuto chiedere aiuto?
Chissà il nonno cosa gli avrebbe consigliato di fare, se solo fosse stato ancora vivo per poterglielo chiedere.
Non che fosse poi così saggio, ma era un uomo che sapeva il fatto suo; sapeva arrangiarsi e sapeva ritagliarsi il proprio spazio, anche in una megalopoli come questa.
Si può dire che fu proprio lui a crescerlo, il padre e la madre erano troppo occupati a lavorare per poter allevare un figlio, e quando non lavoravano, cercavano di recuperare le forze,stremati dagli orari d’ufficio.
Forse era il caso di avvisare i proprio genitori.
Dopo la morte del nonno, ricevettero delle offerte di lavoro più remunerative, così si trasferirono nella zona est, esattamente dalla parte opposta a dove si trovavano, ovvero la zona sud ovest.
Da allora si sentivano a malapena una volta al mese e alle feste comandate.
No, era inutile avvisarli.
Erano stati due giorni d’inferno, così decise di pensare positivo.
Aveva letto su qualche rivista che questo poteva aiutarlo a superare i momenti difficili.Tanto valeva provare anche questa.
Allora si mise a pensare ad eventuali lieto fine del tipo che l’assassino non lo aveva seguito, o che magari era una specie di nuovo tipo di vigilante cittadino, che aveva ucciso gente della malavita.
Questo poteva spiegare il fatto che era immune ai proiettili:Forse aveva addosso qualche campo di forza, qualcosa di tecnologicamente avanzato.
Sì era sicuramente una cosa del genere.
Ormai si era fatto buio e con esso arrivò anche la fermata a cui scendere.

Salì in ascensore, gli occhi gli si chiudevano e la vista si appannava dalla stanchezza.
Ma il dolore al costato tornava a farsi risentire tenendolo sveglio.Era sintomo che gli antidolorifici avevano finito il loro magico effetto.
Giusto in tempo per un’altra dose.
Le porte dell’ascensore si aprirono e lui si diresse verso l’entrata del suo appartamento.

Proseguiva a rilento, come un fantasma, nel lungo corridoio di moquette blu.
Il sonno stava avendo la meglio persino sul pungente dolore che sentiva al petto.
Guardò verso la porta di casa, e per un attimo gli parve aperta.
L'attimo continuava a prolungarsi evidentemente, perchè dopo alcuni passi, l'entrata gli sembrava ancora aperta anche se di poco.
Fece uno sforzo e riacquistò lucidità.Si fermò.
L'uscio si chiuse lentamente, senza fare rumore.
Il cuore gli salì in gola e iniziò a pompare,ancora una volta a duecento pulsazioni al minuto.
Gli occhi gli si gonfiarono di lacrime, e le gambe tremolavano sotto l'effetto dell' adrenalina.
Impugnò la pistola fremendo.
Poi ritornò di nuovo lucido.
Aveva scoperto dove abitava, ormai era meglio fuggire il più lontano possibile.
Camminò a ritroso senza mai perdere di vista l'appartamento, fino ad arrivare al turbo ascensore, che fortunatamente era ancora al suo piano.
Andò giù nell'enorme garage, e si diresse correndo verso il proprio veicolo, ma appena fu a due file di auto di distanza, si fermò e si acquattò tra due macchine.
Si scrutò attorno.Sembrava tutto tranquillo.
Stava per proseguire, ma a mezza altezza ebbe un' incertezza.
Se fosse stato in combattiemento, gli sarebbe costata senza dubbio la vita.
Rimase li a fare avanti e indietro, in un movmento ritmico convulso e sgraziato.
"Oddio che sto facendo!Sarà risalito al luogo in cui abito usando la targa del veicolo come riferimento...".Pensò."...se uso la mia macchina mi troverà..mi troverà sicuro e sarò morto...".
"Non ho altra scelta, non ho nessun altro mezzo e non posso scappare a piedi per tutta la città, mi troverebbe comunque".
Si alzò e si diresse verso il suo parcheggio.
Ma di nuovo ebbe un'incertezza.
Si fermò al centro della carreggiata.
"E se l'auto fosse piena di esplosivo?".
Si abbassò sgraziato e guardò sotto la macchina rimanendo sul posto, cercando qualsiasi cosa potesse avere un'aria sospetta.
Pochi attimi dopo si accorse che anche se ci fosse stato un ordigno sotto l'auto, con le sue scarse competenze elettromeccaniche, non se ne sarebbe accorto comunque; oltretutto sotto l'auto non ci aveva mai guardato prima di allora.
Si alzò in piedi e si mise le mani nei capelli, si era persino dimenticato dell'arma che teneva ancora in mano, escoriandosi ulteriormente la testa, già malconcia.
Si teneva stretto la testa per i capelli corti e bruni, si girava in ogni direzione di scatto, iniziando a piangere come un bambino.
"Cosa faccio?Cosa faccio adesso?".Continuava a ripetere disperato, cercando l'aiuto di qualcuno, chiunque.

Una macchina svoltò l'angolo e si fermò.
Al volante, una donna guardava impaurita un pazzo che piangeva in mezzo al parcheggio, con una pistola in mano.
"Ti prego non spararmi!Ho una figlia!Non farmi del male ti lascio l'auto, prendila è tua!Non uccidermi!".
La signora, in preda al panico uscì dall'abitacolo senza levarsi la cintura e quasi strozzandosi, cadde la suolo, continuando a implorare pietà.
L'uomo rimase allibito di fronte a quella scena.
Si voltò di scatto pensando che l'assassino fosse dietro di lui, ma non c'era nessuno, a parte loro.
Non capiva cosa le stesse prendendo, e si diresse verso di lei per aiutarla.
Ma fece l'errore di allungare le braccia verso la sfortunata, puntandole involontariamente l'arma contro.
La donna gridò in preda all'isteria più totale, agitandosi e piangendo disperatamente.
Più si agitava, più si aggrovigliava nella cintura.
L'impiegato piangeva a sua volta; la signora, stava facendo un baccano infernale, e temeva che l'assassino potesse trovarlo sentendo le grida.
Le urlò contro:"Signora si calmi la prego!Non le faccio del male!Mi aiuti!Non gridi, lui la sentirà e mi ucciderà!Non gridi per favore!La prego!".
Ma la crisi continuava e l'uomo colto dal panico tentò ripetutamente di tapparle la bocca con la mano, senza però riuscirci.
Perse la ragione per un attimo, e la colpì alla testa con il calcio della pistola, facendo finalmente cessare le grida.

"Mio Dio...".Sospirò."L'ho uccisa...".
Si alzò, passeggiò nervosamente avanti e indietro per qualche secondo, grattandosi la testa con l'arma.
"Ora...ora anche la Vigilanza mi darà la caccia, sono fottuto!L'ho uccisa!L'ho uccisa!".
"Cosa ho fatto!Cosa ho fatto di male!Chi cazzo ti ha chiesto niente a te eh? Stronza!".
"Non potevi farti gli affari tuoi?Eh?".
Nell'impeto d'ira le sferrò un calcio.La donna ebbe un lieve sussulto.
"Oh!E' viva!E' viva, grazie a Dio!".
Le tastò la gola per sentire il battito:la donna era realmente viva anche se ancora del tutto priva di sensi.
Si sentì molto più leggero, e finalmente riuscì a connettere di nuovo il cervello in pensieri sensati.
Quei pochi minuti passati li nel parcheggio,gli sembrarono ore interminabili, e sentiva quasi il fiato del nemico sul collo.
Non c'era più tempo.
Sciolse la donna dalla cintura di sicurezza, e la adagiò con cautela tra un muro e una macchina, di modo che, nessuno potesse trovarla facilmente.
Poi salì nella vetturadella sfortunata, ancora in moto.
Strinse il volante tra le mani, strizzò gli occhi.
Disse a se stesso che tutto sarebbe filato liscio,tutto sarebbe tornato come prima, non sapeva ancora in che modo, ma sapeva che ce l'avrebbe fatta.
Non aveva aggredito la donna: si stava solo salvando la vita.
Non stava rubando un'auto: stava solo sopravvivendo.
Una nuova fitta al costato, lo risvegliò dai pensieri, ancora una volta.
Chiuse lo sportello, accellerò a tavoletta e pronunciò queste parole: "Speriamo di averla colpita abbastanza forte da darmi almeno un paio d'ore di vantaggio, prima che anche la Vigilanza mi inizi a dare la caccia".

[Modificato da ninmah62 04/11/2008 15:46]
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